Regolari ma senza possibilità di accesso alle cure sanitarie: è il paradosso vissuto da migliaia di cittadini rumeni e bulgari in Lombardia. A denunciare la situazione è il rapporto “Comunitari Senza Copertura Sanitaria – Indagine sul difficile accesso alle cure per cittadini rumeni e bulgari a Milano e in Lombardia: quando essere comunitari è uno svantaggio” promosso dalle associazioni “Casa per la pace Milano”, “Centro Internazionale Helder Camara ONLUS”, “Comunità di Sant’Angelo Solidale” e “Naga”. Secondo quanto previsto dall’articolo 35 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n.286, in Italia le cure sanitarie sono assicurate anche per gli stranieri irregolarmente presenti, a cui viene assegnato un codice STP (Stranieri Temporaneamente Presenti). Dal 31 dicembre 2007 rumeni e bulgari sono diventati cittadini comunitari, senza bisogno di visto di ingresso o di permesso per entrare e soggiornare nel territorio italiano, ma acquisendo dei diritti ne hanno persi altri. Non essendo immigrati provenienti da paesi terzi, infatti, non possono ottenere un codice STP e possono usufruire dell’assistenza sanitaria solo lavoratori, studenti e pensionati o coloro in possesso di tessera TEAM (Tessera Europea di Assicurazione Malattia), ossia la tessera sanitaria valida in Europa rilasciata dal paese di origine. A causa delle carenze del sistema sanitario dei paesi di provenienza, però, molti cittadini rumeni e bulgari non sono in possesso della tessera TEAM e restano quindi esclusi dalle cure sanitarie se disoccupati o lavoratori in nero.
Per ovviare a questo problema, la maggior parte delle regioni italiane hanno creato il codice ENI (Europei Non Iscritti) che svolge per i cittadini comunitari, la stessa funzione che il codice STP svolge per gli immigrati provenienti da paesi terzi. A questo proposito, la regione Lombardia ha emesso una circolare secondo la quale i cittadini comunitari hanno diritto alle prestazioni mediche indicate nell’articolo 35 del Testo Unico sull’Immigrazione, senza chiarire quale codice dovesse essere utilizzato con questi pazienti. Di conseguenza, la circolare risulta non attuabile a livello operativo, facendo sì che molti cittadini rumeni e bulgari presenti sul territorio vivano una vera e propria discriminazione, vedendosi negato il diritto all’assistenza medica anche nel caso in cui siano affetti da patologie gravi ma non tali da dover essere curate al pronto soccorso (ipertensione arteriosa, diabete mellito, asma cronica, epatite B, polmonite, esiti di ictus celebrale o di infarto miocardio, sospetto di tubercolosi, etc.). Quando si presentano al CUP con una richiesta di visita specialistica, infatti, vengono solitamente respinti (con le uniche eccezioni dell’ospedale Niguarda di Milano e, in alcuni casi, dell’ospedale San Paolo), come è stato accertato dagli stessi volontari Naga che li hanno accompagnati. Simile trattamento ricevono, spesso, le donne nei consultori, in violazione a tutte le leggi per la tutela della maternità e della saluta della donna.
L’indagine è stata condotta nei mesi di Novembre e Dicembre 2011 sui pazienti che hanno avuto accesso alle cure dell’ambulatorio Naga (238 casi in totale), ai quali è stato sottoposto un questionario per la raccolta di informazioni su loro stessi e sui figli minori. Si tratta di persone con un’età media di 40 anni e che sono in Italia in media da 5,5 anni. Per molti di questi (47,9%) le cure dell’ambulatorio Naga costituiscono l’unica forma di assistenza medica ricevuta in Italia e solo 2 persone di quelle che sono state visitate da un pronto soccorso sono state dimesse con una ricetta medica per l’acquisto di farmaci. I dati sono ancor più preoccupanti per i bambini: il 41% non è mai stato visitato da un medico e il 24% non ha mai ricevuto una vaccinazione.
Per queste ragioni, le associazioni promotrici dell’indagine hanno lanciato un appello che verrà presentato all’assessorato alla Sanità della Regione Lombardia, chiedendo che venga presentata un’interrogazione al Consiglio Regionale.
Tratto da: Cronache di ordinario razzismo
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