Un graffito sul muro di cinta del CIE di torino
Scioperi
della fame, autolesionismo, incendi, evasioni e vere e proprie rivolte. Il 2011
sarà ricordato come l'anno più caldo nei centri di identificazione ed
espulsione (CIE) italiani. I giovani ribelli sono i ragazzi tunisini sbarcati a
Lampedusa e finiti a migliaia nei Cie, dopo l'accordo tra Roma e Tunisi del 5
aprile 2011. All'impossibilità di vedere riconosciuto per le vie legali il
proprio diritto a viaggiare, hanno deciso di riconquistarselo con l'unica cosa
che gli è rimasta a disposizione: i propri corpi. Gli stessi corpi che hanno
esposto alle pallottole della polizia del regime di Ben Ali durante la
rivoluzione di gennaio in Tunisia. I corpi con cui hanno attraversato il mare,
e con i quali adesso tentano di scavalcare le gabbie dove sono stati rinchiusi,
al rischio di finire in ospedale con le ossa rotte dalle manganellate, oppure in
prigione con l'accusa di aggressione a pubblico ufficiale.
L'analogia con le rivolte popolari d'oltremare non è affatto forzata. Chi ha avuto modo di conoscere di persona i giovani tunisini sbarcati in Italia l'anno scorso avrà visto che, a parte un'esigua minoranza di ex detenuti fuggiti dalle carceri tunisine, perlopiù si trattava di ragazzi che avevano partecipato alle manifestazioni di protesta. Che fossero dei quartieri popolari di Tunisi (Mallasin, Hay Nur, Jebal Ahmer, Kabbariya, Hay Tadhamun) e Sfax, oppure dell'entroterra povero delle campagne del sud (Zarzis, Mednin, Tataouine, Gafsa, Gabes), nessuno di loro rinnegava la rivoluzione. Al contrario alcuni dicevano di avere trovato solo dopo la rivoluzione il coraggio per partire. Ovvero soltanto dopo avere imparato sulla propria pelle che ribellarsi è giusto. Contro un regime o contro una frontiera. E' anche per quello, sull'onda lunga del delirio collettivo seguito alla fine della dittatura, che sono partiti in migliaia, grossomodo tutti quelli che avevano sempre sognato di farlo. Con in mente le due stesse parole che la piazza ripeteva come un mantra durante la rivoluzione: hurriya e karama. Libertà e dignità.
Per vivere dignitosamente un uomo o una donna ha bisogno di un lavoro, di una prospettiva, e per farlo ha bisogno di essere libero di spostarsi e di cercare il suo posto nel mondo. Quella libertà e quella dignità in cui quei giovani hanno creduto fino al punto di giocarsi la vita in mare, e in cui hanno continuato a credere quando hanno deciso di rivoltarsi alla macchina delle espulsioni, bruciando e devastando le strutture dei Cie, oppure devastando il proprio corpo, tagliandosi le vene, ingoiando vetri e pezzi di ferro per finire all'ospedale e evitare il rimpatrio.
E tutti quelli che condannano la violenza fisica utilizzata spesso dai reclusi contro le forze dell'ordine e contro le strutture detentive dei Cie, dovrebbero invece pensare alla violenza istituzionale di tutta la macchina delle espulsioni. Ne abbiamo parlato per tutto il 2011. Di come una volta la Costituzione del nostro paese sancisse l'inviolabilità della libertà individuale e di come invece oggi sia diventato normale rinchiudere per un anno e mezzo in una gabbia dei ragazzi colpevoli di viaggio. Ragazzi che non avrebbero mai sognato di imbarcarsi per Lampedusa senza documenti, se soltanto i loro passaporti avessero avuto un minimo di valore presso le nostre ambasciate all'estero. Se così fosse stato, sarebbero tutti saliti sul primo low cost per Milano o Parigi.
Ma così non è. Nel mondo globalizzato, la mobilità è potere. E solo i cittadini degli Stati più ricchi vi hanno pieno accesso. Chi ha il passaporto sbagliato, può scordarsi di vedere il mondo. A meno che non decida di ribellarsi. E forse dovremmo farlo anche noi. Iniziando a rovesciare la nostra estetica della frontiera. E vedere che su quelle barche si muove da vent'anni il più grande movimento di massa di disobbedienza alla frontiera. E che va incoraggiato, fino al giorno in cui si potrà circolare liberamente tra le due rive del Mediterraneo.
Di seguito trovate un elenco cronologico delle rivolte e delle evasioni nei Cie d'Italia nel 2011. Le proteste hanno interessato tutti i centri, in particolare nei mesi di agosto e settembre, quando il parlamento ha approvato le legge che ha portato da 6 a 18 mesi il limite di detenzione nei Cie. Basandoci sulle sole notizie raccolte da Fortress Europe, il numero di evasi nel 2011 è di almeno 580 persone. Un dato senza precedenti a nostra memoria, a cui vanno aggiunti decine di feriti e di arrestati. Sui danni provocati alle strutture detentive dalle rivolte non ci sono stime ufficiali, ma è facile immaginare che siano dell'ordine di grandezza di milioni di euro, considerando che intere sezioni sono state devastate e incendiate durante le sommosse a Torino, Roma, Milano, Gradisca, Brindisi, Modena, Bologna, senza contare che un padiglione del centro di accoglienza di Lampedusa è stato completamente distrutto dalle fiamme.
Il premio groviera spetta al Cie di Roma, dal quale sono riusciti a fuggire ben 191 reclusi durante i mesi di agosto e settembre. Al secondo posto c'è il Cie di Brindisi, da dove sono riusciti a scappare in 140, segue Trapani (79 evasi tra il Cie di Milo e il Vulpitta), Torino (59), Modena (35), Bologna (20) e Cagliari (2). Infine, anche se tecnicamente non è un Cie, o forse a maggior ragione, visto che parliamo di un luogo di detenzione amministrativa illegale, ricordiamo i 54 tunisini riusciti a fuggire dall'hangar del porto di Pozzallo, a Ragusa.
Il dato dei 580 evasi è tutt'altro che trascurabile rispetto ai numeri della macchina delle espulsioni. Considerando il totale dei 3.600 cittadini tunisini rimpatriati dall'Italia nel 2011, il dato delle evasioni rappresenta un 16% in meno di espulsioni verso la Tunisia. E il dato rimane significativo anche se paragonato con le statistiche di tutto il sistema CIE, se si considera che mediamente (dati Caritas Migrantes 2009) nei CIE transitano ogni anno una media di 11.000 persone delle quali circa 4.500 vengono poi effettivamente rimpatriate con la forza.
Detto questo però, non ci illudiamo. Per i 580 evasi dell'anno scorso non c'è molto da festeggiare. Vivere in Europa senza documenti è dura. La paura di essere fermati dalla polizia mentre vai da un amico o appena esci dalla tua città. L'impossibilità di firmare un contratto di lavoro o di affitto. Per i più fortunati c'è il lavoro nero, e per chi ha perso l'indirizzo della fortuna, lo spaccio. E' un calvario da cui è passata la maggior parte di chi oggi ha un permesso di soggiorno nel paese delle sanatorie che è l'Italia. Compresi quelli (quasi tutti) che in Italia ci sono arrivati in aereo o in autobus con un visto turistico. L'attesa per i documenti a volte dura mesi, a volte dura anni. A volte non finisce più, e allora la fortezza Europa diventa una trappola. Un labirinto nel quale è molto più facile entrare che non uscire.
L'analogia con le rivolte popolari d'oltremare non è affatto forzata. Chi ha avuto modo di conoscere di persona i giovani tunisini sbarcati in Italia l'anno scorso avrà visto che, a parte un'esigua minoranza di ex detenuti fuggiti dalle carceri tunisine, perlopiù si trattava di ragazzi che avevano partecipato alle manifestazioni di protesta. Che fossero dei quartieri popolari di Tunisi (Mallasin, Hay Nur, Jebal Ahmer, Kabbariya, Hay Tadhamun) e Sfax, oppure dell'entroterra povero delle campagne del sud (Zarzis, Mednin, Tataouine, Gafsa, Gabes), nessuno di loro rinnegava la rivoluzione. Al contrario alcuni dicevano di avere trovato solo dopo la rivoluzione il coraggio per partire. Ovvero soltanto dopo avere imparato sulla propria pelle che ribellarsi è giusto. Contro un regime o contro una frontiera. E' anche per quello, sull'onda lunga del delirio collettivo seguito alla fine della dittatura, che sono partiti in migliaia, grossomodo tutti quelli che avevano sempre sognato di farlo. Con in mente le due stesse parole che la piazza ripeteva come un mantra durante la rivoluzione: hurriya e karama. Libertà e dignità.
Per vivere dignitosamente un uomo o una donna ha bisogno di un lavoro, di una prospettiva, e per farlo ha bisogno di essere libero di spostarsi e di cercare il suo posto nel mondo. Quella libertà e quella dignità in cui quei giovani hanno creduto fino al punto di giocarsi la vita in mare, e in cui hanno continuato a credere quando hanno deciso di rivoltarsi alla macchina delle espulsioni, bruciando e devastando le strutture dei Cie, oppure devastando il proprio corpo, tagliandosi le vene, ingoiando vetri e pezzi di ferro per finire all'ospedale e evitare il rimpatrio.
E tutti quelli che condannano la violenza fisica utilizzata spesso dai reclusi contro le forze dell'ordine e contro le strutture detentive dei Cie, dovrebbero invece pensare alla violenza istituzionale di tutta la macchina delle espulsioni. Ne abbiamo parlato per tutto il 2011. Di come una volta la Costituzione del nostro paese sancisse l'inviolabilità della libertà individuale e di come invece oggi sia diventato normale rinchiudere per un anno e mezzo in una gabbia dei ragazzi colpevoli di viaggio. Ragazzi che non avrebbero mai sognato di imbarcarsi per Lampedusa senza documenti, se soltanto i loro passaporti avessero avuto un minimo di valore presso le nostre ambasciate all'estero. Se così fosse stato, sarebbero tutti saliti sul primo low cost per Milano o Parigi.
Ma così non è. Nel mondo globalizzato, la mobilità è potere. E solo i cittadini degli Stati più ricchi vi hanno pieno accesso. Chi ha il passaporto sbagliato, può scordarsi di vedere il mondo. A meno che non decida di ribellarsi. E forse dovremmo farlo anche noi. Iniziando a rovesciare la nostra estetica della frontiera. E vedere che su quelle barche si muove da vent'anni il più grande movimento di massa di disobbedienza alla frontiera. E che va incoraggiato, fino al giorno in cui si potrà circolare liberamente tra le due rive del Mediterraneo.
Di seguito trovate un elenco cronologico delle rivolte e delle evasioni nei Cie d'Italia nel 2011. Le proteste hanno interessato tutti i centri, in particolare nei mesi di agosto e settembre, quando il parlamento ha approvato le legge che ha portato da 6 a 18 mesi il limite di detenzione nei Cie. Basandoci sulle sole notizie raccolte da Fortress Europe, il numero di evasi nel 2011 è di almeno 580 persone. Un dato senza precedenti a nostra memoria, a cui vanno aggiunti decine di feriti e di arrestati. Sui danni provocati alle strutture detentive dalle rivolte non ci sono stime ufficiali, ma è facile immaginare che siano dell'ordine di grandezza di milioni di euro, considerando che intere sezioni sono state devastate e incendiate durante le sommosse a Torino, Roma, Milano, Gradisca, Brindisi, Modena, Bologna, senza contare che un padiglione del centro di accoglienza di Lampedusa è stato completamente distrutto dalle fiamme.
Il premio groviera spetta al Cie di Roma, dal quale sono riusciti a fuggire ben 191 reclusi durante i mesi di agosto e settembre. Al secondo posto c'è il Cie di Brindisi, da dove sono riusciti a scappare in 140, segue Trapani (79 evasi tra il Cie di Milo e il Vulpitta), Torino (59), Modena (35), Bologna (20) e Cagliari (2). Infine, anche se tecnicamente non è un Cie, o forse a maggior ragione, visto che parliamo di un luogo di detenzione amministrativa illegale, ricordiamo i 54 tunisini riusciti a fuggire dall'hangar del porto di Pozzallo, a Ragusa.
Il dato dei 580 evasi è tutt'altro che trascurabile rispetto ai numeri della macchina delle espulsioni. Considerando il totale dei 3.600 cittadini tunisini rimpatriati dall'Italia nel 2011, il dato delle evasioni rappresenta un 16% in meno di espulsioni verso la Tunisia. E il dato rimane significativo anche se paragonato con le statistiche di tutto il sistema CIE, se si considera che mediamente (dati Caritas Migrantes 2009) nei CIE transitano ogni anno una media di 11.000 persone delle quali circa 4.500 vengono poi effettivamente rimpatriate con la forza.
Detto questo però, non ci illudiamo. Per i 580 evasi dell'anno scorso non c'è molto da festeggiare. Vivere in Europa senza documenti è dura. La paura di essere fermati dalla polizia mentre vai da un amico o appena esci dalla tua città. L'impossibilità di firmare un contratto di lavoro o di affitto. Per i più fortunati c'è il lavoro nero, e per chi ha perso l'indirizzo della fortuna, lo spaccio. E' un calvario da cui è passata la maggior parte di chi oggi ha un permesso di soggiorno nel paese delle sanatorie che è l'Italia. Compresi quelli (quasi tutti) che in Italia ci sono arrivati in aereo o in autobus con un visto turistico. L'attesa per i documenti a volte dura mesi, a volte dura anni. A volte non finisce più, e allora la fortezza Europa diventa una trappola. Un labirinto nel quale è molto più facile entrare che non uscire.
CRONOLOGIA DELLE RIVOLTE NEI CIE NEL 2011
Fortress
Europe
Dicembre 2011
Fuga di capodanno al Cie di Torino
Grande evasione di Natale dal Cie di Torino
Nuova rivolta al Cie di Bologna. In libertà un tunisino
Cie Bologna: fuga riuscita per 3 tunisini e 1 algerino
Ancora autolesionismo al Cie di Milo. Fuga al Vulpitta
Rivolta al cie di Torino: 3 feriti, ancora alta la tensione
Novembre 2011
Cie Bologna: in un giorno 2 rivolte con tentata fuga
Ottobre 2011
Cie Bari: arrestati per danneggiamento 4 tunisini
Ancora una fuga dal cie di Brindisi. Liberi 18 tunisini
Brindisi: rivolta al Cie, in 18 tornano in libertà
Settembre 2011
Altra maxi evasione dal Cie di Roma, liberi 60 tunisini
Cie Modena: tentata evasione con incendio
Fuga dal Cie di Torino. Scappano in 22, dieci arresti
La guerra di Lampedusa. In fiamme il centro d'accoglienza
Brindisi: evasione riuscita dal Cie! In fuga 62 reclusi
Incendio e tentata fuga al Cie di Gradisca
Metal detector al Cie di Torino dopo la fuga
Tensione al Cie di Modena. Tentativo di fuga al policlinico
Cie Torino: fuga riuscita per 12 reclusi
Liberi tutti! Quarta evasione in un mese al Cie di Roma
Rivolta al Cie di via Corelli a Milano
Agosto 2011
Tentata fuga al Cie di Brindisi, in 6 tornano liberi
Cie Milo: le fughe, il pestaggio e i lacrimogeni
Ancora rivolta a Pozzallo: 54 reclusi in fuga, 13 arresti
Protesta al cpa di Cagliari, 2 ragazzi algerini in fuga
Cie Torino: sciopero della fame dopo la rivolta
Rivolta al Cie di Modena, 3 reclusi riescono a fuggire
Pantelleria: rivolta nel centro d'accoglienza
Dopo l'evasione, ancora disordini al Cie di Roma
Riuscita evasione per 30 reclusi del Cie di Roma
Cie Torino: tentata fuga e espulsioni in Tunisia
Luglio 2011
Rivolta in diretta al Cie di Ponte Galeria
Rivolta anche a Lampedusa, minorenni picchiati
Cie Bologna: detenute in rivolta appiccano il fuoco
Trapani: rivolta al cie di Milo, in fuga 20 reclusi
Pozzallo: rivolta e arresti dopo sbarco egiziani
Cie: cronologia di tre mesi di rivolte e censura
Giugno 2011
Modena: altra fuga dal Cie, liberi 30 tunisini
Cie Roma: notte di tensione, rivolta e incendio
Cie Modena: in rivolta una decina di tunisini
Brucia il cie di S.M.C. Vetere. E scatta il sequestro
Bari: rivolta, fuga e pestaggio al centro espulsioni
Lampedusa: lamette in gola contro i rimpatri, in 28 tentano il suicidio.
Chinisia: fuga dal Cie. A Lampedusa ingoiano lamette
Maggio 2011
Lampedusa: 200 tunisini iniziano sciopero della fame
Cie Roma: tentativo di fuga a Ponte Galeria
Fuga dal Cie. A Modena due ragazzi di nuovo liberi
Cie Trapani: l'incendio, il pestaggio e la conferma
Cie Milano: arrestati 7 tunisini dopo la rivolta
Aprile 2011
Bologna: in 15 riescono a fuggire dal Cie
Marzo 2011
Guantanamo Italia. Su facebook la protesta dei tunisini del Cie di Torino
Tunisini in rivolta nei centri di espulsione. Le foto del cie di Gradisca
Febbraio 2011
Brucia il cie di Modena. Aggiornamenti da Bologna, Gradisca e Brindisi
Bologna, Trapani, Bari e Gradisca. Le rivolte annunciate dei Cie
Fughe e autolesionismo. Si scalda l'atmosfera nei Cie
Rivolte in arrivo nei Cie?
I tunisini sbarcati nei giorni scorsi in fuga dai Cie
Gennaio 2011
Capodanno nei Cie. Rivolta a Milano e Lamezia Terme
Tratto da: Fortress Europe
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