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martedì 20 marzo 2012

Ancora morti su quella rotta....ancora lotta ai migranti in fuga


Nuova tragedia nel Canale di Sicilia. 5 morti, intanto i paesi africani si apprestano a costruire un nuovo sistema di controllo. Sono 6.196 dal 1994. 1.822 soltanto nel 2011

Il primo summit africano sulla sicurezza alle frontiere si è concluso lunedì 12 marzo a Tripoli con un accordo che mira a rinforzare le pattuglie congiunte alle frontiere per lottare contro i traffici di armi e i crimini transfrontalieri.
Intanto nel Canale di Sicilia si è consumata l’ennesima tragedia. Sono cinque i cadaveri che erano su un gommone soccorso nel Canale di Sicilia, in acque di competenza libica, dalle unità italiane di Guardia Costiera e Guardia di Finanza. Lo ha confermato la centrale operativa delle Capitanerie di porto di Roma.
Sull’imbarcazione, che era alla deriva con il motore in avaria, si trovavano altri 52 migranti, tra cui cinque donne, tutti in precarie condizioni di salute; 19 sono stati imbarcati sul Pattugliatore della Guardia di Finanza; altri 32 sulla motovedetta della Guardia Costiera; un altro extracomunitario, in gravi condizioni, è stato invece soccorso da un elicottero di stanza sulla nave militare Bettica. Nella zona è stato dirottato anche un rimorchiatore d’altura per partecipare alle operazioni di soccorso. Tutte le unità stanno facendo rotta verso Lampedusa. Ieri invece sempre a Lampedusa erano erano sbarcati altri 54 migranti.
A poco più di un anno di distanza dall’esplosiaone del conflitto libico, con la fine della dittatura di gheddafi,il confine blu del Mar Mediterraneo torna a delineare le sue geografie.
La fine del dittatore, la fine dgli accordi, la sentenza contro i respingimenti, non mettono però fine alla guerra della frontiera Sud.
i governi europei ed africani concentrano la loro attenzione sulla lotta all’immigrazione irregolare verso l’Europa mentre in mare continuano a consumarsi le tragedie. Manca una strategia per la salvaguardia di migliaia di migranti in fuga da guerre, torture, conflitti e carestie.
"Abbiamo adottato il piano di azione di Tripoli sulla cooperazione regionale ed il controllo delle frontiere", ha dichiarato il Primo ministro libico ad interim Abdurrahim El Keib ai giornalisti all’uscita di questa riunione di due giorni, al quale hanno partecipato i ministri degli Interni e della Difesa di Algeria, Marocco, Mauritania, Tunisia, Libia, Ciad, Egitto, Mali, Niger e Sudan, così come i rappresentanti dell’Unione Europea, della Lega araba, dell’Unione Africana e delle Nazioni Unite.
Il piano di Tripoli considera una formazione specializzata nella sicurezza di frontiera ed il collocamento in posto di leggi e di tecnologie avanzate per controllare meglio le frontiere.
I partecipanti al summit hanno riflettuto sulla possibilità di creare un comitato di esperti per meglio condividere le informazioni. Sono convenuti anche sull’esigenza di costruire un meccanismo permanente di cooperazione regionale nella lotta contro il crimine organizzato e l’immigrazione clandestina.
Il governo libico ha tenuto a rassicurare i propri vicini sul fatto che le loro frontiere comuni saranno molto presto sottoposte ad un controllo integrale. I quattro ultimi mesi non sono stati sufficienti a mettere in campo tutte l necessarie misure di sicurezza rispetto alle frontiere (“securizzare”), ha dichiarato El Keib. Il governo creerà dunque un’agenzia incaricata della protezione delle frontiere e la doterà di tutti i mezzi necessari, compresi dei mezzi aerei di sorveglianza e personale sul campo, ha aggiunto.
"Non vogliamo essere all’origine di alcun problema di sicurezza per nessun paese al mondo, in particolare per i nostri paesi vicini", ha aggiunto El Keib. “Lanceremo le ricerche e la localizzazione dei Sam-7, che non siamo tenuti a distruggere. Garantiremo una protezione sufficiente, e vorremmo rassicurare gli altri paesi su questo punto."Le armi che erano in possesso dei ribelli libici non costituiranno nessun pericolo per la sicurezza degli altri paesi, ha promesso il capo del governo libico”.
Il ministro della Difesa Osama al-Juwali ha insistito sul fatto che il problema era stato esagerato. "Questi missili che risalgono agli anni 1970, sarebbero inefficaci e non operativi. Siamo riusciti a recuperarne la maggior parte", ha precisato. Da parte sua, il ministro algerino dell’interno Dahou Ould Kablia ha dichiarato che "sono state distrutte solamente armi tradizionali come Kalashnikovs, esplosivi e missili terra-terra." E, ha giudicato i risultati del summit “molto postivi”. Gli esperti hanno permesso di identificare differenti minacce alla sicurezza per i paesi coinvolti, e proposto delle soluzioni che sono state adottate, ha precisato. "Tutti i paesi della regione, in particolare l’Algeria, lavoreranno con determinazione e senza compromessi alla loro realizzazione", ha dichiarato Ould Kablia. Ha negato che gli elementi libici che si trovano sul territorio algerino cerchino di "destabilizzare la Libia." Secondo lui, infatti, gli interessi securitari dell’Algeria sono strettamente collegati a quelli della Libia. "Non vogliamo instabilità perché ne abbiamo già lungamente sofferto, così come abbiamo sofferto la minaccia terroristica che ha condizionato la situazione in tutta la regione", ha dichiarato. Nel momento del suo incontro col presidente del Consiglio nazionale di transizione libico (CNT), Mustafa Abdel Jalil, Ould Kablia ha ricordato inoltre che il suo paese colpirà ogni tentativo di "scalzare la rivoluzione libica."
El Keib ha insistito però sul fatto che gli aiuti di Mouammar Kadhafi "utilizzano il denaro per tentare di destabilizzare la Libia" dall’estero.
"Vorremmo ringraziare i nostri paesi vicini per le assicurazioni che ci danno, ma siamo determinati a rimpatriarli da noi per farli comparire davanti alla giustizia", ha affermato. La sposa di Kadhafi, Saifa, sua figlia Aïsha, e suoi figli Hannibal e Mohamed, così come i loro bambini ed i loro autisti, erano infatti fuggiti in Algeria ad agosto. La loro presenza nel paese ha costituito un punto di blocco nelle relazioni tra i due paesi.
Infine anche il ministro marocchino dell’interno Mohand Laenser ha riconosciuto che questo summit ha dato dei risultati positivi. Il Marocco ha infatti proposto di ospitare la prossima riunione ministeriale che avrà luogo alla fine dell’anno.
Dei morti in mare, dei percorsi di fuga di migliaia di persone, di un eventuale corridoio umanitario, dei loro diritti, nessuna traccia nell’ordine del giorno...

Tratto da: Melting Pot

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