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mercoledì 29 giugno 2011

“LA PAZ!” Quando il calcio diventa integrazione…


25-26 giugno, 1-2-3 luglio Festa Multiculturale di Collecchio


logo la paz "La Paz!” è un progetto che ha inizio nell’estate del 2010. È stato ideato per combattere, attraverso lo sport, il razzismo e le forme di discriminazione diffuse nella nostra società e per promuovere l’integrazione e la relazione tra ragazzi provenienti da aree geografiche, culture ed esperienze diverse. Partiamo dal dato di fatto che il calcio e lo sport in generale è sempre più lo specchio della società in cui viviamo, connotato quindi anch’esso da frequenti episodi di razzismo metabolizzati da un ampia fetta della società civile e da dinamiche di lucro che snaturano la vera essenza di questo sport: il divertimento e la socializzazione. La Paz! è una squadra multietnica di calcio a 11 che ha partecipato al campionato amatoriale 2010/2011 della UISP di Parma, composta da ragazzi di varie nazionalità (Afghanistan, Costa d’avorio, Niger, Tunisia, Albania…) che ha posto centralità e valorizzato il lato sociale dello sport attraverso la propria multiculturalità, praticando il “Terzo Tempo” dopo ogni partita mossi dall’idea che la competitività si esaurisca nei 90 minuti,l’autogestione e l’autofinanziameto di allenamenti, attrezzature sportive, partite, grazie alla condivisione di saperi ed esperienze dei componenti della squadra per l’organizzazione di eventi culturali come proiezione di video documentari, convegni,aperitivi ecosostenibli, cene multietniche… .
L’ultimo fine settimana di giugno (25-26) e il primo fine settimana di luglio(1-2-3) La Paz! parteciperà attivamente alla Festa Multiculturale organizzata a Collecchio, un piccolo paesino vicino Parma, che si terrà all’interno del parco Nevicati. In uno dei più importanti eventi multietnici autorganizzati sul territorio parmense è racchiuso da anni l’impegno e la voglia di costruire una società antirazzista da parte di tutto il mondo dell’associazionismo che lavora sulle migrazioni e l'accoglienza. Il festival è interamente autogestito dalle stesse associazioni, i cui soci si alternano nei lavori di allestimento di bar, cucine, palchi e stand nel parco, condividendo concretamente esperienze, proposte e attività, spinti dal desiderio di immeticciarsi e dal pensiero comune che nessuno può essere considerato straniero, clandestino o “illegale”, andando contro a tutte le dinamiche di denigrazione imposte dalla società attuale che portano ad una mercificazione dei corpi migranti che scappano da situazioni disumane affrontando viaggi interminabili.
Il festival multiculturale affronta ogni anno tematiche che ruotano attorno all'antirazzismo. Quest’anno si è posta centralità alle rivolte del nord Africa che hanno portato una ventata di aria nuova rivendicando il diritto ad una vita dignitosa, ai flussi migratori che ne derivano e all’assurda "gestione" di tali flussi, denominata ipocritamente "accoglienza”. 
Anche l'associazione Ya Basta!, attraverso il progetto La Paz!, condividerà con tutti la propria esperienza di squadra di calcio antirazzista, affrontando i temi della festa in due incontri:
Sabato 25 giugno
Ore 21 Assemblea pubblica “Il Mediterraneo come area di pace, democrazia, uguaglianza
Ore 22.30 Presentazione dell’istant book “Welcome to Lampedusa 2011” con la presenza di Giansandro Merli, militante-attivista di Esc Infomigrante (Roma) e della campagna “Welcome”, per raccontare quello che tra febbraio e marzo è successo in Italia, a seguito dell’esodo di migliaia di migranti.
-Venerdi 1 luglio
Presentazione del libro “Black italians” di e con Mauro Valeri. Presenterà l'incontro Marco Armento, attivista di La Paz!
In più durante tutti 5 i giorni si faranno tornei di street soccer per adulti e bambini.
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Per info: www.forumsolidarieta.it - www.multiculturale.org – lapazantirazzista.blogspot.com –spam_parma@yahoo.it  

lunedì 13 giugno 2011

Quorum: la tempesta perfetta del comune

Considerazioni a caldo sulla vittoria dei quattro referendum



E’ fatta. Con un risultato straordinario il quorum è raggiunto e superato.
Se ne erano già accorti a metà mattina i mercati finanziari: Piazza Affari, la borsa valori di Milano, aveva registrato un pesante calo dei titoli delle multiutility quotate, quelle che avevano scommesso sulla privatizzazione della gestione del servizio idrico, e un crollo azionario delle imprese legate al ciclo delle tecnologie atomiche.
Altro che “referendum inutile”!
Una prima valutazione non può prescindere dal merito dei quesiti: ad essere sconfitta è innanzitutto l’idea che si era affermata negli ultimi vent’anni, per cui non solo era giusto e legittimo considerare l’acqua, così come qualsiasi altro “bene comune”, come una risorsa economica, merce oggetto di un irreversibile processo di privata appropriazione, ma che anche la sua gestione in quanto servizio al cittadino, così come di qualsiasi altro “servizio pubblico”, sarebbe stata di gran lunga più “efficiente ed efficace” se affidata alle virtù naturaliter salvifiche del mercato capitalistico. Ideologia e politica economica del neoliberismo sono, così per come li abbiamo conosciuti, nella crisi che ne ha messo a nudo la reale portata, i primi sconfitti dall’esito referendario. Ad essere battutto è pure, nel merito, l’incubo di un ritorno della scelta nucleare in Italia, l’idea cioè che il concatenamento energetico della crisi potesse essere affrontato con il rilancio in grande stile del ciclo atomico, con tutti i rischi ad esso connessi e con il consolidarsi di un modello di produzione centralizzato e autoritario che esso inevitabilmente comporta.
Una seconda valutazione rinvia alle possibili prospettive aperte dal voto: da una parte l’opportunità di praticare, a partire dall’acqua e sulla scala di nuovi laboratori metropolitani e territoriali, la necessità di una radicale inversione di tendenza nella “gestione comune” dei servizi pubblici, inoculando fortissime dosi di partecipazione diretta nelle scelte politiche e amministrative che li riguardano e facendo di essi i pilastri di un’alternativa fondata sulla riappropriazione democratica del governo locale; dall’altra la possibilità di avviare sul serio, una volta rimosso l’ostacolo rappresentato dagli enormi interessi della lobby nuclearista, un ciclo di lotte e di progettualità alternativa per l’affermazione di un “comune energetico”, fondato su elementi praticabili e praticati di indipendenza e democrazia nel disegno del passaggio di civiltà alla produzione di energia da fonti rinnovabili e pulite, connettendo a questo cambio di modello una più ampia proposta di riconversione produttiva in senso ecologico.
Una terza valutazione considera come questi percorsi di grande innovazione siano resi pensabili proprio a partire da un più generale senso di cambiamento, che il carattere di “tempesta perfetta” dell’esito referendario dimostra: a partire infatti dalla crucialità di quesiti costruiti intorno a singoli, ma al tempo stesso paradigmatici “beni comuni” quali acqua ed energia, salute e ambiente, è la domanda di un complessivo orizzonte comune, alternativo allo stato di cose presenti e all’interno del quale ciascuna e ciascuno possa aspirare a migliori condizioni di vita, ad affermarsi come maggioranza sociale (e anche, banalmente, quantitativa nel corpo elettorale) in questo paese. E’ un dato eccezionale, ma è, al tempo stesso, segno di un mutamento profondo; che sarebbe sciocco considerare come acquisito una volta per tutte, ma dev’essere piuttosto interpretato come un positivo e produttivo punto di ripartenza.
Infine, le conseguenze sul quadro politico-istituzionale: è certo evidente come non solo il governo Berlusconi, ma tutto il lungo ciclo del berlusconismo, gli stessi presupposti materiali e ideologici su cui era impiantato, abbiano ricevuto oggi un sonoro “voto di sfiducia moltitudinario”, ben più significativo di qualsiasi maggioranza parlamentare. E che, non a caso, ciò sia avvenuto attraverso il ritorno a nuova vita, la resurrezione dello strumento del referendum, che mancava l’obiettivo del quorum (se si esclude quello confermativo del 2006) da ben diciotto anni. Ma attenzione a quanti sono saltati sul vincente carro referendario solo da due settimane. Una lettura tutta politicista, tutta schiacciata sulla sconfitta del Caimano, che eludesse il contenuto di positiva alternativa sociale dei quesiti, servirebbe solo ad aiutare i tentativi, che certo dobbiamo aspettarci, di intercettare e normalizzare la grande spinta al cambiamento che in queste ore giustamente festeggiamo.

Quorum: la tempesta perfetta del comune

Considerazioni a caldo sulla vittoria dei quattro referendum


E’ fatta. Con un risultato straordinario il quorum è raggiunto e superato.
Se ne erano già accorti a metà mattina i mercati finanziari: Piazza Affari, la borsa valori di Milano, aveva registrato un pesante calo dei titoli delle multiutility quotate, quelle che avevano scommesso sulla privatizzazione della gestione del servizio idrico, e un crollo azionario delle imprese legate al ciclo delle tecnologie atomiche.
Altro che “referendum inutile”!
Una prima valutazione non può prescindere dal merito dei quesiti: ad essere sconfitta è innanzitutto l’idea che si era affermata negli ultimi vent’anni, per cui non solo era giusto e legittimo considerare l’acqua, così come qualsiasi altro “bene comune”, come una risorsa economica, merce oggetto di un irreversibile processo di privata appropriazione, ma che anche la sua gestione in quanto servizio al cittadino, così come di qualsiasi altro “servizio pubblico”, sarebbe stata di gran lunga più “efficiente ed efficace” se affidata alle virtù naturaliter salvifiche del mercato capitalistico. Ideologia e politica economica del neoliberismo sono, così per come li abbiamo conosciuti, nella crisi che ne ha messo a nudo la reale portata, i primi sconfitti dall’esito referendario. Ad essere battutto è pure, nel merito, l’incubo di un ritorno della scelta nucleare in Italia, l’idea cioè che il concatenamento energetico della crisi potesse essere affrontato con il rilancio in grande stile del ciclo atomico, con tutti i rischi ad esso connessi e con il consolidarsi di un modello di produzione centralizzato e autoritario che esso inevitabilmente comporta.
Una seconda valutazione rinvia alle possibili prospettive aperte dal voto: da una parte l’opportunità di praticare, a partire dall’acqua e sulla scala di nuovi laboratori metropolitani e territoriali, la necessità di una radicale inversione di tendenza nella “gestione comune” dei servizi pubblici, inoculando fortissime dosi di partecipazione diretta nelle scelte politiche e amministrative che li riguardano e facendo di essi i pilastri di un’alternativa fondata sulla riappropriazione democratica del governo locale; dall’altra la possibilità di avviare sul serio, una volta rimosso l’ostacolo rappresentato dagli enormi interessi della lobby nuclearista, un ciclo di lotte e di progettualità alternativa per l’affermazione di un “comune energetico”, fondato su elementi praticabili e praticati di indipendenza e democrazia nel disegno del passaggio di civiltà alla produzione di energia da fonti rinnovabili e pulite, connettendo a questo cambio di modello una più ampia proposta di riconversione produttiva in senso ecologico.
Una terza valutazione considera come questi percorsi di grande innovazione siano resi pensabili proprio a partire da un più generale senso di cambiamento, che il carattere di “tempesta perfetta” dell’esito referendario dimostra: a partire infatti dalla crucialità di quesiti costruiti intorno a singoli, ma al tempo stesso paradigmatici “beni comuni” quali acqua ed energia, salute e ambiente, è la domanda di un complessivo orizzonte comune, alternativo allo stato di cose presenti e all’interno del quale ciascuna e ciascuno possa aspirare a migliori condizioni di vita, ad affermarsi come maggioranza sociale (e anche, banalmente, quantitativa nel corpo elettorale) in questo paese. E’ un dato eccezionale, ma è, al tempo stesso, segno di un mutamento profondo; che sarebbe sciocco considerare come acquisito una volta per tutte, ma dev’essere piuttosto interpretato come un positivo e produttivo punto di ripartenza.
Infine, le conseguenze sul quadro politico-istituzionale: è certo evidente come non solo il governo Berlusconi, ma tutto il lungo ciclo del berlusconismo, gli stessi presupposti materiali e ideologici su cui era impiantato, abbiano ricevuto oggi un sonoro “voto di sfiducia moltitudinario”, ben più significativo di qualsiasi maggioranza parlamentare. E che, non a caso, ciò sia avvenuto attraverso il ritorno a nuova vita, la resurrezione dello strumento del referendum, che mancava l’obiettivo del quorum (se si esclude quello confermativo del 2006) da ben diciotto anni. Ma attenzione a quanti sono saltati sul vincente carro referendario solo da due settimane. Una lettura tutta politicista, tutta schiacciata sulla sconfitta del Caimano, che eludesse il contenuto di positiva alternativa sociale dei quesiti, servirebbe solo ad aiutare i tentativi, che certo dobbiamo aspettarci, di intercettare e normalizzare la grande spinta al cambiamento che in queste ore giustamente festeggiamo.

REFERENDUM

12 e 13 GIUGNO: si vota per l'abrogazione delle leggi sulla privatizzazione dell'acqua, sulla costruzione di nuove centrali nucleari e sul legittimo impedimento.
4 SI PER DIRE NO!!! 4 SI PER LA DEMOCRAZIA!!!
L'acqua e l'ambiente sono beni comuni, DIFENDIAMOLI. Diciamo no a qualsiasi tipo di privatizzazione e si a un modello di sviluppo eco-sostenibile.