Le cifre del saccheggio.
di Clarissa Sant’Ana*
In vista dei mondiali di calcio del 2014, la classe politica
brasiliana ha messo in atto l’operazione “Igiene Sociale”.
Occhi ingenui sarebbero portati a credere che questo piano
ambisca a garantire un sistema fognario e acqua potabile per tutte le
favelas. La verità è che, ancora una volta, il popolo è stato saccheggiato dei
propri beni comuni e letteralmente massacrato dalla dittatura di
quella politica oramai perennemente invischiata con l’affarismo di grandi
potenze economiche.
Il 20 gennaio scorso è stato accolto il ricorso che il
governo social-democratico dello Stato di Sao Paulo, il cui
governatore è Geraldo Alckmin, aveva fatto contro la sospensione dello
sgombero della Favela do Pinheirinho, a Sao José dos Campos,
città situata nell’interno della Regione di Sao Paulo.
Il terreno in questione vale 65 milioni di euro e
appartiene ad una società edile fallita, la Selecta, che deve allo Stato circa
7 milioni di euro in tasse, ed è associata al noto investitore-speculatore
mondiale Naji Nahas. Da otto anni oltre 9 mila persone hanno costruito la
propria vita e le proprie case su questo territorio, nella Favela do
Pinheirinho.
Il giorno successivo, l’associazione di rappresentanti delle
circa 1600 famiglie (10000 abitanti) consegna alla Prefettura il loro progetto
di riabilitazione dell’area in alternativa a quello redatto dal governo dello
Stato che prevede invece un quartiere residence per dare alloggio alle masse
che riempiranno il paese durante i mondiali del 2014.
Ma nulla è servito a bloccare l’ordine del governatore
Geraldo Alckmin.
Lo sgombero sarà alle sei del mattino di domenica 22
gennaio. Centinaia di giovani del posto si improvvisano guerrieri
resistenti con caschi, scudi e mazze formando le barricate. Da altre
parti ci si allontana velocemente con le valigie o si dorme ignari dato
cha la polizia non ha annunciato lo sgombero ma ha attuato un’operazione tipo
“pettine fino”, alla ricerca di armi e droga, da utilizzare poi come pretesto
per giustificare l'azione repressiva. Sono in arrivo i 2000 agenti: alcuni
della ROTA ( polizia militare speciale, versione paulista della BOPE di
Rio, reso celebre dal film Troupe d’elite), altri chiamati da33
città. La polizia spara proiettili di gomma e lacrimogeni. Molte famiglie
vengono aggredite nelle loro case. La resistenza dura 45 minuti. Dalle sedici
c’è il coprifuoco e non circola più nessuno. A mezzanotte molte
delle case, costruite otto anni prima dalle famiglie della favela, sono state
completamente demolite.
Le cifre finali sono: 7 morti di cui due bambini, uno di 9
anni e uno di uno anno e mezzo, e un ragazzo di 22 anni che teneva il figlio di
10 mesi in braccio. Sedici arresti tra i quali una ragazza incinta.
Un poliziotto ferito.
Governo centrale , stato e comune si scaricano le proprie
responsabilità nella consueta retorica partita a ping pong. Il comune boccia il
progetto alternativo presentato dalla comunità definendolo “rinviabile” e
offre sistemazioni a 925 famiglie per un totale di 2850 persone. Il governo
centrale nega i morti e dice che quella “era un’area troppo grande” per poterla
destinare a quelle persone.
Il giorno dopo a Porto Alegre, durante il corteo di apertura
del Forum Sociale Mondiale, i manifestanti fanno deviare il corteo al Tribunale di Giustizia dello Stato del
Rio Grande do Sul. Entrano e all’interno esigono che la giustizia brasiliana
operi nel rispetto dei diritti umani. Una compagna nel suo intervento rompe
metaforicamente il contratto sociale dissociandosi da un governo
elitista, razzista, omofobo e cieco. Si sdraiano per qualche minuto
ricordando le compagne e i compagni uccisi durante le resistenze di Pinheirinho
e di Bello Monte.
Nei loro striscioni c’è scritto:
SEMPRE VAI HAVER RESISTENCIA!
NAO NOS REPRESENTAM!
A NOSSA NAO è VIOLENCIA è FORçA!
Siamo tutt@ Pinheirinho!
* Attivista di Art Lab Occupato Parma, nata a Porto
Alegre in Brasile.
Tratto da: Globalproject.info
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