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venerdì 4 novembre 2011

Assata Shakur: Il processo di lunedì



di Ivan Grozny
COMUNICAZIONI DELLA DELEGAZIONE  PROVINCIALE  – ANCONA -FIGC MARCHE
TERZA CATEGORIA girone “E“ – Comunicato  Ufficiale  n.  31 del
02/11/2011In ottemperanza a quanto disposto dal C.R. Marche, fino a nuovo avviso, tutte le gare in calendario della Societa’ A.P.D. ASSATA SHAKUR Ancona 2001, sono sospese e rinviate a data da definire.

Questo lo scarno comunicato che è comparso oggi sul sito ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio ( http://www.figcmarche.it/cu_comitato.php?page=0&com=1201 ) , della sezione di Ancona.
Come abbiamo raccontato domenica scorsa, dopo la gara di campionato appena conclusa, Alesio Abram viene prima acompagnato in questura con la scusa di una notifica dovuta a un disatteso  provvedimento di Daspo ricevuto anni prima. E’ poi rimasto chiuso due giorni nel carcere di Montacuto. Detenuto in isolamento visto la mancanza di spazio nelle celle, questa la giustificazione alla quale saremmo portati anche a credere, vista la condizione delle carceri nel nostro Paese, in attesa del processo per direttissima che si sarebbe svolto lunedì.
Data la fragilità delle accuse portate dal Pm, si è capito subito che neppure l’acusa aveva le idee chiare sul da farsi. E sul da dirsi..
Alessio, noto non solo ad Ancona per le sue attività antirazziste, si occupa della Polisportiva Antirazista Assata Shakur pubblicamente, collaborando in qualità di dirigente. Quindi appare quanto meno inusuale quanto è accaduto domenica. Ma il paradosso, si compie quando nella giornata di mercoledi 2 Novembre, appare questo comunicato che abbiamo riportato qui sopra, che nulla è che una forzatura della questura di Ancona che già lunedì, come riportato sul nostro blog ( http://sportallarovescia.wordpress.com/2011/11/02/il-minestrone/ ), non ha fatto una gran figura. E mette pressione sulla FIGC.
Come dicevamo in quel pezzo, la questione dibattuta in udienza non riguardava più l’imputato, ma addirittura la denominazione della Polisportiva. Secondo l’accusa questa richiama palesemente alla violenza.
Assata Shakur, alias Joanne Deborah Byron Chesimard, è una quasi sessantacinquenne attivista afro-americana che risiede a Cuba dal 1979.
Tra le Black Panters negli anni settanta, viene accusata di omicio, circostanza della quale si è sempre dichiarata innocente. E’ inserita nella lista FBI come “terrorista” , nel 2005. Ma sono gli anni del Patriot Act (http://it.wikipedia.org/wiki/USA_PATRIOT_Act ), provvedimento non solo in America molto discusso e criticato.
La Questura di Ancona, forse frustrata dal non potere usare questo tipo di provvedimenti per le sue forzature, e non trovando neppure riscontro nelle decisioni dei giudici, decide questa azione nei confronti della Federazione locale che si riserva ora di decidere su quanto segue: pemettere alla Polisportiva di continuare con la propria denominazione, oppure costringela a cambiarla, pena la cancellazione dell’iscrizione dal campionato.
Può essere davvero il nome della Polisportiva il problema? Hanno davvero così poco da fare in questura ad Ancona? C’è la volontà di qualcuno di farsi pubblicità al ministero, come zelante difensore della legge, o qualcosa altro sfugge?
Sono tutte domande più che lecite, quelle che ci poniamo. Ma non si era mai visto che di fronte ad attività compiute alla luce del sole all’insegna della condivisione, della socialità, dello sport, non si trovasse una scusa migliore per mettere i bastoni tra le ruote.
Dopo la manifestazione di Roma abbiamo sentito e letto giudizi e sentenze che poi la manifestazione in Val di Susa ha spazzato via. Ma si può tranquillamente dire che il clima di caccia alle streghe non è ancora terminato.
Un’ultima osservazione. La FIGC dovrebbe vedere più che di buon occhio quanto accade attorno alle polisportive antirazziste. Aggregano, sono realtà dinamiche che portano novità e entusiasmo. Visto come è messo il calcio italiano, il suggerimento sarebbe quello di proteggerle e di ascoltare di più le proposte che da queste arrivano. Non invece inseguire fantasmi che non ci sono.

Tratto da: Sport alla rovescia

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