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sabato 27 agosto 2011

Il campionato inizia: ma finirà?



di Giuliano Foschini e Marco Mensurati
In Italia sta per cominciare un campionato di calcio che non si sa come e se finirà. La questione non è sportiva. Ma giudiziaria, meglio criminale. Ci sono quattro procure italiane che in questo momento stanno indagando sulla regolarità delle stagioni appena concluse. E tre di queste istruttorie sono condotte da dai pm dell’antimafia. Sì perché i magistrati e i migliori investigatori di polizia, carabinieri e Finanza stanno scavando – ascoltando migliaia di intercettazioni telefoniche, ricostruendo flussi di denaro su conti protetti esteri, riempiendo pagine con le dichiarazioni dei pentiti – sui rapporti, spesso simbiotici, tra un pezzo del mondo del pallone e la associazioni mafiose. ‘Ndrangheta, camorra, così come le mafie slave e asiatiche hanno messo le mani sulla quinta azienda italiana, il calcio, lucrando sulle scommesse sportive, corrompendo giocatori e dirigenti, indirizzando i risultati sportivi dei campionati maggiori, compreso quelli di serie A.
La prima inchiesta a svelare il vaso di Pandora è stata quella della procura di Cremona che recentemente ha determinato i verdetti della giustizia sportiva: penalizzazione per l’Atalanta in serie A (con squalifica del suol capitano Cristiano Doni) e una raffica di punizioni tra serie B e serie C. Per i giudici sportivi, così come per i magistrati di Cremona, esisteva un’associazione a delinquere che truccava le partite per favorire gruppi di scommettitori. Il più attivo era quello dei bolognesi, che faceva capo all’ex centravanti della nazionale Giuseppe Signori, adesso radiato. Ora, questo gruppo è stato bollato dall’ambiente come una “mandria di sfigati”, un po’ come hanno fatto gli uomini del Pdl con la P3 di Flavio Carboni e Pasqualino Lombardi. I pm anche in questo caso, però, sono convinti che le cose non stiano esattamente così. Anzi. La convinzione nasce dal lavoro che in queste settimane sta svolgendo sotto traccia la squadra mobile di Cremona in collaborazione con il Servizio centrale operativo della Polizia. Analisi dei tabulati telefonici, di alcuni reperti sequestrati agli indagati (agendine e computer, soprattutto) e soprattutto dai controlli bancari. In sostanza stanno seguendo i soldi. E non mancano le sorprese.
A finanziare “questo gruppo di sfigati” c’è senza dubbio la criminalità organizzata serba che faceva riferimento al gruppo “degli zingari”, per citare alcune conversazioni telefoniche. Gli “zingari” sono soliti avvicinare i giocatori, anche di serie A, pagare loro 300mila euro (mentre le tariffe scendevano a 120mila per la B, 40-60mila per la C) e combinare le partite. I metodi sono standardizzati. E li ha raccontati Massimo Erodiani, il gestore di alcune ricevitorie di Pescara dove il gruppo andava giocare, nel suo interrogatorio con il procuratore capo di Cremona, Roberto Di Martino. Si parla di Genoa-Lecce, partita che doveva finire con tanti gol, “over”, ed effettivamente finirà poi con un rocambolesco 3-3. Il match interessava alla mafia serba che, tramite il portiere della Cremonese Marco Paoloni (anche lui radiato), cerca di contattare l’attaccante del Lecce, Daniele Corvia. Ora, Paoloni racconta di aver sempre millantato i contatti con il suo ex compagno nelle giovanili della Roma e di essersi spacciato per lui su Skype in più occasioni. La procura non gli crede completamente e in attesa di ricevere i risultati delle analisi tecniche ha iscritto Corvia nel registro degli indagati. Comunque, racconta Erodiani: “L’unico gruppo che era in grado di finanziare quella partita era quello degli “Zingari”, al costo di 200mila euro. La corruzione riguardava i soliti giocatori del Lecce”. Gli “zingari” sono un gruppo organizzato: muovono grandi quantità di denaro, spostano fino a otto milioni di euro su ogni partita, se sgarri fanno male (“avevamo paura uccidessero Paoloni” ammettono gli investigatori). Una realtà mafiosa attiva anche all’estero e già emersa nelle istruttorie della magistratura tedesca su risultati taroccati e puntate record. Ma non ci sono solo i serbi.
Al pallone italiano sono interessati i gruppi asiatici che entrano nel business tramite i bolognesi. Il sistema per scommettere è semplice, il più classico utilizzato dai riciclatori di denaro all’estero. In Asia c’è un emissario dei bolognesi che punta grandi cifre (lo scorso anno su un match di serie B sono stati giocati 12 milioni in un’ora) senza che venga spostato denaro. Provvede da solo e incassa da solo la vincita. Dall’Italia arrivano le imbeccate e c’è un uomo di collegamento. Per questo filone la procura di Cremona ha già un nome sul taccuino: Gigi Sartor, ex difensore e compagno di squadra di Signori a Bologna. Mentre sono cominciati gli accertamenti su una strana visita che lo scorso anno proprio Signori fece al campo di allenamento del Bologna (con tanto di chiacchierata con alcuni giocatori) insieme con un gruppo di asiatici: disse si trattava di giornalisti, non era vero. Ora si sta cercando di capire chi fossero.
Ma la criminalità di casa nostra non resta a guardare. E sarebbe entrata in campo da tempo. I magistrati di Cremona hanno trasmesso verbali e intercettazioni a due procure distrettuali antimafia: Bari e Napoli. In Puglia il punto di collegamento è Antonio Bellavista, ex capitano della squadra biancorossa, centrocampista dai piedi grezzi dal cervello assai svelto. Bellavista entra in contatto con il gruppo dei bolognesi e porta in dote qualche risultato di campionati minori e amici scommettitori pugliesi. Chi sono? La domanda se l’è posta il procuratore capo di Bari, Antonio Laudati. E la risposta, che potrebbe venire formalizzata molto preso, sembra essere deflagrante. Bellavista è in contatto diretto con alcuni uomini vicinissimi al clan più spietato della mafia barese, quello dei Parisi. Più volte nelle intercettazioni compaiono alcuni dei fiduciari che gestiscono la cassa della famiglia: riciclatori professionisti che puntano forte sul calcio. E’ il caso dell’over di Bari-Livorno (incontro di Coppa Italia) o di alcune soffiate che arriverebbero direttamente dallo spogliatoio barese, come per il derby perso con il Lecce. I carabinieri del nucleo operativo hanno bussato nelle scorse settimane a una serie di ricevitorie di tutta Italia per recuperare alcune matrici di schedine vincenti.
A Bari c’è il clan Parisi, mentre a Napoli ci sono un po’ tutti. Ha fatto il giro del mondo la foto di Antonio Lo Russo, figlio del padrino Salvatore e ora latitante, a bordo campo durante Napoli-Parma del 2010. Non fu una partita qualsiasi. Il Napoli era in vantaggio per 2-1 nel primo tempo. Poi accadde qualcosa. “Una fonte confidenziale già giudicata attendibile – ricostruiscono i carabinieri in un’informativa inviata alla Procura – racconta che molte persone riconducibili ai clan Lo Russo e degli Scissionisti, durante l’intervallo tra primo e secondo tempo, hanno effettuato svariate scommesse con puntate piuttosto elevate sulla vittoria del Parma”. Non sbagliarono. Rientrato in campo il Napoli sembrava un’altra squadra, Fabio Quagliarella si fece espellere e il Parma ribaltò il risultato: vinse 3-2 escludendo il Napoli dalla Champions ma facendo incassare tanti soldi agli Scissionisti e agli uomini di Lo Russo. Ed era stato proprio il boss Salvatore Lo Russo, in cella dal 2007, a svelare qualche mese prima ai pm napoletani i retroscena degli interessi della camorra nel calcio scommesse, sin dai tempi di Maradona. Mentre un altro pentito, il cui nome rimani top secret, sta riempiendo pagine di verbali davanti al procuratore aggiunto Giovanni Melillo e ai pm Antonello Ardituro, Danilo De Simone e Vincenzo Ranieri. Il primo racconto risale allo scorso 15 giugno, al quale ne sono seguiti altri. Le partite nel mirino per il momento sono tre: Napoli-Parma, appunto, ma anche Sampdoria-Napoli 1-0, ultima del campionato 2009-2010 e Lecce-Napoli 2-1, terzultima giornata dello scorso campionato. Dopo averlo ascoltato, i magistrati hanno ordinato alcune perquisizioni: quella dell’ex calciatore del Chievo, Michele Cossato, e del giornalista di Sky, esperto di calciomercato e amico di molti calciatori del Napoli, Gianluca di Marzio, entrambi indagati. Il sospetto è sempre lo stesso: la camorra corrompe giocatori o compra informazioni sulle partite truccate per ragioni sportive (non è un caso che la maggior parte delle gare sospette si giochino al termine del campionato, quando i giochi sono fatti) per scommetterci, guadagnare e riciclare.
Nel business si sarebbe tuffata, in modo importante, anche la ‘Ndrangheta. Che un tempo gestiva i campionati minori al Sud mentre ora avrebbe fatto il grande salto puntando ad alcuni dei club più importanti in Italia. E’ quello a cui sta lavorando una procura antimafia del centro Italia che ha in mano intercettazioni, deposizioni e controlli incrociati su tabulati e conti correnti che dimostrerebbero come boss calabresi abbiano messo le mani su un giro di scommesse legate alla serie A (con la complicità di alcuni ex calciatori) e creato, con il sostegno di imprenditori insospettabili, società per ripulire i fondi riciclati. L’indagine è chiusa, presto potrebbero esserci grandi sorprese in questo campionato giocato in parallelo da pm e calciatori.

Tratto da: l’ Espresso del 23.08.11

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