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giovedì 23 febbraio 2012

Respingimenti verso la Libia - L’Italia condannata dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo


La sentenza. Violato l’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo. 15 mila euro a 22 delle 24 vittime
E’ arrivata la condanna. Attesa da oltre due anni la Corte Europea per i Diritti dell’uomo si è pronunciata sui respingimenti messi in atto dall’Italia nei confronti dei migranti provenienti dalla Libia in virtù degli accordi stipulati con l’allora dittatore Gheddafi.
Di quella Libia rimane poco, anche se i conflitti interni non sono esauriti, così come non è esaurita la fame di accreditamento delle nuove autorità nei confronti dell’Europa, che potrebbe portare ancora, in futuro, alla stipula di accordi non propriamente favorevoli ai migranti in rotta verso l’Italia.
Anche dell’allora Governo italiano sembra rimanere poco o nulla ed il segnale che viene dalla Corte Europa per i Diritti dell’Uomo non è di poco conto.
I respingimenti furono il cavallo di battaglia del governo Berlusconi con a capo del Ministero dell’Interno il leghista Maroni. Sulla "guerra ai barconi", contro la presunta "invasione", si giocò gran parte del consenso del Carroccio. Di quel governo non rimangono che le ceneri, anche se le politiche sull’immigrazione messe in atto allora ancora rappresentano l’attualità a cui sono sottoposti i migranti in Italia (accordo di integrazione, tassa di soggiorno, bossi fini, cie, etc...)
La vicenda, in ogni caso, nel corso del 2010, ebbe dei risvolti assolutamente violenti. Nel silenzio quasi generale, furono messe in atto una serie di operazioni illegittime nel Mar Mediterraneo che consegnarono alla tortura, alle carceri ed alla morte, centinaia di migranti a cui fu sottratta la possibilità di chiedere la protezione internazionale, così come previsto delle convenzioni internazionali.
La sentenza pronunciata dalla CEDU riguarda il respingimento di circa 200 persone (tra cui donne e bambini) originarie dalla Somalia e dall’Eritrea avvenuto lo scorso 6 maggio 2009, quando a 35 miglia a Sud di Lampedusa, in acque internazionali, le autorità italiane intercettarono la loro imbarcazione e dopo averle trasferite a bordo di un natante italiano le ricondussero in Libia senza che questi conoscessero la loro destinazione e che potessero proporre domanda di protezione . Di questi migranti, 24 furono rintracciati e portarono la loro storia all’attenzione del tribunale europeo.
Nessuna apertura delle frontiere in vista. Nessuna riconoscimento del pieno diritto alla fuga. Nessuna spinta contro il controllo dei confini.
L’Europa con questa sentenza punisce una pratica illegittima che si poneva esageratamente fuori dal quadro normativo previsto.
La sentenza rappresenta sicuramente un risultato storico, anche se i respingimenti illegittimi non finiscono. Vale la pena di ricordare ciò che avviene pressoché quotidianamente nei porti dell’Adriatico dove minori e migranti afghani, Kurdi, Irakeni, vengono respinti nella braccia della Grecia senza poter chiedere protezione.
Più interessante è invece ritornare il quadro della realtà dell’asilo in Europa.
A fronte di 1 milione e 393 mila rifugiati presenti a livello continentale, solo 50 mila sono presenti in Italia, mentre le domande d’asilo raccolte dal nostro paese per l’anno 2010 (anno con la maggir incidenza della politica dei respingimenti) sono state circa 10 mila contro un totale di circa 240 mila domande per i paesi UE. La diminuazione di 10 mila domande d’asilo rispetto all’anno precedente dimostra come la politica dei respingimenti adottata dall’Italia, pur avendo dimezzato le domande presentate nel nostro paese, rappresentasse un intervento assolutamente ingiustificabile rispetto ai numeri europei.
In campo infatti non sembravano esserci tanto la possibilità o meno di ricacciare i migranti diretti verso le nostre coste (che rappresentano un numero risibile anche se confrontati sui dati dell’irregolarità in Italia) quanto piuttosto la necessità di legittimare un modo di agire sul terreno dell’immigrazione fuori da ogni garanzia di diritto.
In ogni caso, secondo le stime dell’Acnur, sono stati circa 1.000 i migranti a cui è stato negato il diritto di chiedere asilo grazie agli accordi con la Libia (secondo le autorità italiane...un paese sicuro).
In discussione quindi, è bene ricordarlo, non c’è ovviamente l’istituto del respingimento di per sé, pur previsto nel nostro ordinamento, ma quella particolare pratica messa in atto dal governo italiano che prevedeva l’intercettazione delle cosiddette "carrette del mare" fuori dalle nostre acque territoriali ed il respingimento delle persone a bordo in Libia senza che questi, così come previsto dalla normativa, fossero messi nella condizione di chiedere la protezione internazionale, in violazione del principio di non refoulement.
In particolare la Corte ha pienamente condannato l’Italia per la violazione di 3 principi fondamentali: il divieto di sottoporre a tortura e trattamenti disumani e degradanti (art. 3 CEDU), l’impossibilità di ricorso (art.13 CEDU) e il divieto di espulsioni collettive (art.4 IV Protocollo aggiuntivo CEDU). La Corte quindi per la prima volta ha equiparato il respingimento collettivo alla frontiera e in alto mare alle espulsioni collettive nei confronti di chi è già nel territorio.
Cosa rimane di quelle politiche quindi? Cosa aspettarsi ora dal nuovo governo?
Un provvedimento su tutti, da chiedere con forza con effetto immediato: il rilascio di un permesso di soggiorno umanitario a tutti i richiedenti asilo provenienti dalla Libia
Descrizione: - Respingimenti collettividi migranti in Libia
di Fulvio Vassallo Paleologo
Descrizione: - Respingimenti in Libia:Italia condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
il commento del CIR - Unione forense diritti dell’Uomo e European Council on Refugees and Exiles


Tratto da: Melting pot

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