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mercoledì 2 febbraio 2011

Matthias Sindelar, l’attaccante che disse no al Nazismo.

Matthias Sindelar, artista del gol di origine ebraica, nasce nella Moravia austriaca, oggi Repubblica Ceka, il 10 febbraio 1903. Incomincia a giocare a calcio con l’HerthaVienna, poi passa all’Fk AustriaVienna. Grazie ai suoi gol (siamo nel ’27) la squadra vince la Mitropa Cup, la Champions dei giorni nostri.
Con Sindelar nasce il Wunderteam, la nazionale austriaca dei primi anni trenta, una squadra che ha seganto un epoca;dal 1931 al 1933 16 partite 12 vittorie 2 pareggi 2 sconfitte 63 gol fatti e venti subiti. Una nazionale che arriverà, non senza polemiche e pressioni, quarta al mondiali del 1934 in Italia.A San Siro, l’Italia, in semifinale con l’Austria scopre il calcio e un attaccante superbo. E’ una partita memorabile che esalta le doti di portiere azzurro Combi e la prontezza di Guaita che al 19′ del primo tempo realizza il gol-partita. Quello che lancia l’Italia verso il primo titolo iridato e che consacra Sindelar.
Il Mozart del calcio come lo chiamava l’allenatore Hugo Meisl, non gioca la finale per il terzo posto e un’Austria in grandi ristrettezze economiche e condizionata dale pressioni politiche perde con la Germania 3-2.
In campo Sindelar
 c’è, invece, nel famoso 8-2 sull’Ungheria, qualche tempo prima – quando Matthias segna 3 gol e fornisce tutti e 5 gli assist ai compagni per le altre reti. Nel 1938 nella capitale Austriaca si «festeggia la pacifica annessione» del Paese. Ovunque bandiere con la svastica a benedire l’Anschluss.
Il Prater è in festa per la partita dei “fratelli tedeschi”; è l’ultima partita della nazionale austriaca che dovrà regalare i suoi migliori giocatori alla nazionale tedesca in vista della coppa Rimet in Francia. Alla sua squadra di club viene imposto di cambiare il nome e il presidente, di origine ebraiche, viene allontanato con altri dirigenti e tecnici. Mattihas dichiara pubblicamente al suo vecchio presidente:«Il nuovo fuhrer dell’ Austria Vienna, ci ha proibito di salutarla, ma io vorrò sempre dirle buongiorno, signor Schwarz, ogni volta che avrò la fortuna di incontrarla».
Non si tira in ditro neanche quell”ultima partita, segna e fa vincere i suoi, ed esulta con un balletto evitando di salutare la tribuna dei gerarchi con il braccio teso. Rifiuta pure di giocare con la maglia della Germania mentre altri suoi compagni, anche ebrei, scelgono di giocarci, ma dopo la sconfitta negli ottavi del Mondiale francese con la Svizzera, anche questi scapperanno all’estero.
Gioca l’ultima partita con il club a Berlino contro l’Hertha, segna irrride i grandi capi tedeschi, gli nega nuovamnete il saluto e segna la sua condanna a morte.
Viene ritrovato morto il 23 gennaio 1939 con la sua compagana Camilla Castagnola, una ragazza italiana, un ebrea, con la quale conviveva; è stato suicidato con il monossido di carbonio. La polizia austiaca archivia rapidamente il suo caso, non viene eseguita neanche l’autopsia; dopo la guerra il fascicolo sulla vicenda risulta scomparso. Al suo funerale migliaia di viennesi consapevoli di aver perso un grande calciatore. Un campione. Un uomo che aveva detto no al nazismo.

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