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giovedì 28 ottobre 2010

Intervista a C. Balestri tratta dal sito della Uisp

Sono passati giorni dalla quella partita fantasma: un’Italia-Serbia che non si è mai disputata se non per accendere i riflettori sullo scempio di un calcio malato. Carlo Balestri, responsabile nazionale del Dipartimento politiche internazionali, cooperazione e multiculturalità Uisp, riflette insieme a noi sull’accaduto a mente lucida e aggiunge il suo punto di vista a quello di altri dirigenti Uisp.

“Al di là dello spettacolo vergognoso a cui abbiamo assistito, gli scontri Italia-Serbia devono farci riflettere sul fatto che le misure restrittive approvate nel nostro paese, la tessera del tifoso o i biglietti nominativi,funzionano da deterrente non certo per prevenire la violenza quando questa si vuole esprimere, semmai per disincentivare e dissuadere il pubblico a frequentare lo stadio. Ricordiamo che per assistere ad una partita è necessario sottoporsi a minuziose perquisizioni: le persone vengono private di tutto ma quando si tratta di contenere oggetti pericolosi come razzi e pinze, le falle del sistema emergono con chiarezza. L’eccessiva burocrazia degli stadi incrina la fidelizzazione dei tifosi senza rappresentare una risposta concreta contro la violenza. Ricordiamo che a Genova i disordini erano cominciati il giorno precedente per proseguire il pomeriggio della partita. Dal comportamento del gruppo di ultrà serbi erano arrivati tutti i segnali per innalzare il livello di attenzione ma nella serata incriminata, abbiamo assistito all’incapacità da parte di chi governa, di assicurare l’ordine pubblico e tutelare l’incolumità di molti tifosi sugli spalti, ostaggio della più totale paralisi”.
“Per contrastare la violenza si dovrebbe partire dalla ristrutturazione degli impianti. Oltre alla menzionata ed estenuante burocrazia per accedervi, fatta di limitazioni e controlli ossessivi che a poco servono, dal punto di vista strutturale la condizione degli stadi italiani è pressocchè pietosa. Parliamo di spazi vetusti, che non garantiscono la sicurezza nè l’accoglienza dei tifosi, e in cui primeggia la mancanza di uscite di sicurezza, la presenza di gabbie come quella in cui erano rinchiusi gli ultras serbi, e scarse condizioni igieniche con la totale assenza di servizi per le donne. Invece che accogliere in maniera dignitosa i tifosi sugli spalti, il ministro dell’Interno Maroni ha ipotizzato la tessera del tifoso, uno strumento di schedatura che sottende una logica del controllo e del potere: il tifoso, secondo la legislazione vigente è visto come un potenziale aggressore, e non come persona appassionata di calcio nonchè potenziale vittima dell’inadeguatezza degli stadi. Ad emergere è una scarsa cultura del tifo e dell’accoglienza: in Italia il governo procede sulla base di leggi emergenziali fondate sul sospetto e il pregiudizio.
Come Uisp non ci stancheremo di dirlo: il calcio è un gioco che non ha bisogno di tessere ma di servizi e di rispetto del pubblico”.

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