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domenica 27 marzo 2011

Prossime partite de La Paz!

-Martedi 29\03 La Paz-LD Gaione 
  Località: Moletolo campo 1 Ore: 20 30
-Sabato 02\04 Arci San Lazzaro-La Paz
  Località: San Prospero Ore: 16 30

Arbitri neri

di Mauro Valeri
Silas Billong, classe 1974, francese di Lione ma di origine camerunense, con un passato da giocatore con il Reims o il Brest, ma perché poche settimane fa è stato in assoluto il primo arbitro nero a dirigere una partita del massimo campionato francese, la Ligue 1. L’esordio è però arrivato per due motivi: lo sciopero degli arbitri professionisti in tutta la Francia, per una questione economica, e il rifiuto di altri arbitri europei professionisti a sostituire i loro colleghi in sciopero. Così Billong, che in genere arbitrava in terza serie, si è ritrovato ad arbitrare Nizza-Lens, terminata 0-0. I commenti della critica sono stati più che lusinghieri, a dimostrazione che anche un nero può arbitrare. E in Italia? Anche se non vi è una stima ufficiale, sono diversi gli arbitri “di colore” che ogni domenica scendono in campo, ma finora solo nelle serie minori, dove comunque non sono mancati episodi di razzista. Alla fine del 2007, ad esempio, era accaduto a Slimane Ouakka di Rimini mentre arbitrava una partita tra Argenta e Forlì. All’80° aveva deciso di sospendere la partita e mandato tutti negli spogliatoi, perché, dopo aver sopportato gli insulti razzisti, aveva anche ricevuto uno schiaffo dal terzino della squadra locale. Anche se tutti si aspettavano la vittoria per 3-0 assegnata al Forlì, il Giudice Sportivo aveva deciso che la partita dovesse essere ripetuta. Nel 2008 la stampa aveva raccontato la vicenda di Mohammed El Hadi, di origine egiziana, arbitro della sezione di Rovereto, in provincia di Trento. All’82°, aveva interrotto la partita San Rocco-Valsugana, del campionato di prima categoria trentina, perché stanco degli insulti razzisti che gli erano giunti dagli spalti, da parte di un tifoso del Valsugana. Aveva motivato questa sua decisione perché si era sentito indignato e non in grado di proseguire la direzione dell’incontro. Nel 2010 un nuovo episodio, che però vede colpevoli non i tifosi né i giocatori, ma l’assistente arbitrale del Millesimo, Prima Categoria.
Ecco il referto: “allontanato al 20° del secondo tempo per avere tenuto un comportamento offensivo ed irriguardoso nei confronti del direttore di gara, mentre usciva dal terreno di giuoco proferiva frasi gravemente minacciose ed offensive con  ripetuti insulti di grave natura discriminatoria per motivi razziali legati alla nazionalità dell’arbitro; dopo essersi sistemato negli spalti, continuava a tenere il medesimo comportamento minaccioso ed offensivo proferendo gli stessi termini discriminatori nei confronti del direttore di gara. Al termine della partita rientrava sul terreno di giuoco reiterando le minacce e gli insulti razziali nei confronti dell’arbitro. Veniva allontanato grazie all’intervento dei dirigenti e dei giocatori del Millesimo”. Il giudice sportivo l’aveva poi punito con ben otto mesi di squalifica. Qualche giorno fa un altro episodio, che ha coinvolto il guardialinee Luca Nissanka Colcopietro, di Ostia Lido (Roma), nato a Colombo, in Sri Lanka, nel 1981. Nella partita di serie D, tra Teramo e Atletico Trivento, è stato insultato dai tifosi locali non solo durante la partita, ma soprattutto al termine della gara. In realtà, ad essere insultata è stata tutta la terna arbitrale, mentre si accingeva a salire in automobile. Ovviamente, visto il colore della pelle, verso Colcopietro i cori erano declinati in senso razzista. Inizialmente, il presidente del Teramo, forse sottovalutando la componente razzista dell’aggressione, ha espresso parole durissime contro la terna e la lega nazionale dilettanti. Poi però, sono arrivate le (tardive) parole di scuse, fatte uscire sul sito ufficiale della società poco prima della decisione del giudice sportivo, forse nel tentativo di attenuare una sicura ammenda. “Pur ribadendo le critiche e le perplessità dell’operato della terna
arbitrale… la società esprime disappunto e amarezza per i cori e gli insulti a sfondo razziale rivolti all’assistente, Luca Nissanka Calcopietro, al quale, a nome dei propri tifosi, porge le più sentite scuse.
Tali atteggiamenti imperdonabili, anche posti in essere da una parte esigua e minoritaria del pubblico biancorosso, non possono essere considerati meno gravi ed esecrabili”. Il giudice sportivo, però, questa volta ha voluto essere severo, anche per via di altri comportamenti antisportivi dei tifosi del Teramo: due giornate di squalifica al campo (anche perché già diffidato) e 2.500 euro di multa. Indubbiamente, se in Italia la scesa in campo di un calciatore nero è stato (e purtroppo è ancora) motivo di innalzamento del razzismo negli stadi, è facile immaginare cosa accadrà quando un arbitro nero sarà chiamato a fischiare in serie A. Qualcosa ha provato ad immaginare l’ex arbitro internazionale Paolo Casarin, che nell’aprile 2009 ha scritto sul Corriere della Sera un articolo per alcuni versi profetico, dal titolo “Consigli a un (futuro) arbitro nero”. Dopo aver ricordato brevemente le difficoltà connesse agli inizi della sua carriera arbitrale, Casarin scrive: “Piccole storie da arbitro alla ricerca di una risposta: si può arbitrare tra le offese del pubblico e tra l’ insofferenza diffusa dei calciatori? La voce dei tifosi riesci, talvolta, a neutralizzarla soprattutto se i 22 ti osservano con rispetto: molte volte basta lo sguardo di un calciatore per ritrovare la giusta rotta. Ho pensato in questi giorni al primo nostro arbitro dalla pelle scura: potrebbe arrivare anche in serie A. Potrà ripercorrere la mia esperienza, tra cavalli e manichini? Certamente. Ma non potrà essere oggetto di alcun attacco razzista, di ogni tipo, perché gli sembrerà di affogare in quelle offese, non potrà cercare il sostegno di un giocatore di passaggio, si sentirà perduto, quelle parole, anche da una sola persona, saranno insopportabili”. A veder bene, però, questo razzismo rivolto contro gli arbitri non riguarda soltanto il calcio. Un anno fa, ad esempio, è toccato a Fahd El Hammouni, arbitro originario del Marocco e da tempo residente a Lendinara, nel Polesine. A insultarlo, durante una partita Under 14, i tifosi dell’Adria Basket, che avevano accompagnato sputi e insulti con un poco ospitale “negro, tornatene a casa”. La società di Adria aveva però avuto 100 euro di multa: 80 per le offese e 20 per gli sputi! All’origine di questi insulti sembra esserci una forte resistenza, da parte di molti italiani, ad accettare di essere valutati e giudicati da persone dalla pelle scura. Sul campo come nella vita quotidiana.

mercoledì 16 marzo 2011

Razzismo? No, grazie! Un convegno sullo sport e l'antirazzismo.

L’incontro si svolgerà venerdi 18 marzo
presso il “Circolo Inzani” in via Moletolo 61
alle ore 20:30
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Parteciperanno:
·         Francesco Borsellino, studente di scienze motorie e attivista dell’associazione Ya Basta!: racconterà l’esperienza del progetto La Paz!, squadra di calcio dalla composizione multietnica che promuove lo sport come mezzo di socialità e antirazzismo, sia attraverso la pratica sportiva, sia tramite l’organizzazione di eventi a scopo sociale.
·         Mauro Valeri, scrittore e sociologo che ha diretto l’Osservatorio nazionale sulla xenofobia dal 1992 al 1996 e che, dal 2005, è responsabile dell’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio: presenterà il suo ultimo libro “CHE RAZZA DI TIFO”.
·         Enrica Montanini, presidente della UISP Parma che racconterà l’esperienza della UISP e le attività sportive e sociali promosse negli anni nel territorio parmense. Un percorso che ha visto la UISP garantire a tutti e tutte, senza alcuna distinzione di provenienza geografica e condizione sociale, la possibilità di praticare attività sportive.
A tutti gli studenti di scienze motorie che parteciperanno al convegno saranno riconosciuti crediti formativi universitari (CFU) valevoli per i propri piani di studi.
Il convegno rientra all’interno di una tre giorni di attività [Leggi il programma completo ]organizzata in occasione dell’evento “Parma città europea dello sport  2011” promosso dal comune di Parma.

venerdì 11 marzo 2011

La Paz!, calcio e antirazzismo. Tre giorni di eventi sullo sport e l'antirazzismo.

In occasione dell'evento internazionale "Parma città europea dello sport", la squadra di calcio La Paz!, in collaborazione con la UISP di Parma, Forum Solidarietà e l'assessorato allo sport del Comune di Parma, ha organizzato tre appuntamenti per promuovere un'idea di sport antirazzista e solidale:
- Venerdì 18 marzo presso il Circolo Inzani di Moletolo: Convegno sullo sport e l’antirazzismo con la partecipazione di Mauro Valeri, scrittore e sociologo che ha diretto l’Osservatorio nazionale sulla xenofobia dal 1992 al 1996 e che dal 2005 è responsabile dell’Osservatorio su razzismo e antirazzismo nel calcio;
- Sabato 19 e domenica 20 presso il centro sportivo "Ceresini" di MoletoloTorneo di calcio a 7 "Diamo un calcio all'esclusione”;
Domenica 20 Marzo, alle ore 20:30, presso il Circolo Zerbini di Piazzale Santa Caterina 1 a Parma: Cena di autofinanziamento per La Paz! per sostenere un progetto di sport contro il razzismo e l'esclusione.
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Il progetto La Paz!
Giugno 2010: Grazie all'Associazione Yabasta! Parma e al sostegno della UISP Parma, nasce la squadra di calcio antirazzista LaPaz!
LaPaz! è un progetto ideato per combattere, attraverso lo sport, il razzismo e le forme di discriminazione diffuse nella nostra società e per promuovere l’incontro e la relazione tra culture e persone diverse.
“La Paz” è il nome della squadra di calcio a 11 antirazzista e multiculturale che milita nel campionato amatoriale 2010/2011 della UISP Parma.
L'Italia brucia i talenti ,le leggi su interpretazione e concessione di cittadinanza sono discriminanti e lo sport si adegua ,arroccato su se stesso ,impaurito dalle trasformazioni del Paese negli ultimi anni.
Il calcio ha perso il suo ruolo originario di mezzo di aggregazione e socialità, centrando sempre di più i suoi interessi sull’aspetto economico.
I contratti milionari,calcio scommesse, vendita dei diritti televisivi e d’immagine, quotazioni in borsa delle società calcistiche, privatizzazione degli stadi e degli impianti sportivi, sono solo alcune delle tappe che hanno contribuito alla trasformazione dello sport più popolare d'Italia.
Ad aggravare questo scenario gli atteggiamenti razzisti da parte degli stessi giocatori e delle tifoserie.
A Parma, lo sforzo delle associazioni sportive e delle istituzioni locali per sviluppare attraverso lo sport progetti di integrazione e solidarietà è notevole e il progetto “La Paz!” va ad inserirsi in un contesto che già tanto sta facendo per promuovere il rifiuto del razzismo e la pratica sportiva solidale.
Il progetto “La Paz!” è pensato per svilupparsi all’interno del calcio amatoriale, ambiente non esente da fenomeni di razzismo che spesso producono l’allontanamento dei giovani dallo sport. “La Paz!” vuole promuovere la partecipazione di tutti allo sport e al calcio, a prescindere da luogo e cultura di provenienza, con lo scopo di stimolare e far crescere una cultura sportiva all’insegna dell’integrazione e del rispetto reciproco.
Il razzismo è spesso il prodotto di un contesto culturale caratterizzato da chiusure ideologiche ed ignoranza, dall’incapacità di confrontarsi e conoscere “l’altro”. Attraverso il progetto vorremmo invece sviluppare relazioni tra persone differenti che oggi condividono e vivono lo stesso spazio sociale, geografico e istituzionale, e costruire ponti tra culture apparentemente inconciliabili.
Spesso sono gli stessi migranti ad erigere muri tra la propria comunità di appartenenza e quella degli autoctoni: attraverso la pratica sportiva crediamo che anche questa forma di chiusura e isolamento possa essere abbattuta.
Il progetto ha la finalità di abbattere le barriere (sociali, culturali, politiche, religiose) che dividono le persone, e l’intento di costruire una squadra calcistica che condivida i valori dell’antirazzismo e della pace tra i popoli. La squadra, essendo composta da persone differenti tra loro, provenienti da parti diverse del mondo, rappresenta un'occasione per sperimentare concretamente progetti di integrazione sul territorio parmigiano.
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Info per la cena di autofinanziament per La Paz:
Il Menù della serata:
- Lasagne;
- Cous cous di carne e vegetariano con verdure fresche di stagione;
- Pollo con cipolline dolci e sugo piccante
(ricetta centro africana, delle donne migranti della scuola di italiano "Perchè no");
- Pane di farina integrale biologica;
- Vino naturale e biodinamico del progetto "Valli unite" proveniente dai colli tortonesi;
- Caffè
La cucina si avvarrà di cuoche e cuochi appartenenti a diversi progetti di integrazione e solidarietà attivi nella città di Parma (l’ass. Perché no, l’ass. Ya Basta!, l’ass. Senza Frontiere).
I piatti verranno preparati con prodotti naturali e, dove possibile, a chilometro zero, grazie all'uso dei prodotti della "Mercatiniera", il mercatino delle genuine autoproduzioni che si svolge ogni primo e terzo sabato del mese nella Casa Cantoniera di Parma.
  Il prezzo della cena è di 20€ a testa.
Il ricavato andrà a finanziare il progetto "La Paz!" (attrezzature sportive, equipaggiamento sportivo dei migranti privi di mezzi, eventi di autoformazione sull’ antirazzismo, promozione di eventi volti all’inclusione e all’integrazione).
Domenica 20 marzo alle ore 20.30
presso il Circolo Zerbini di Piazzale Santa Caterina 1 (via Bixio) a Parma
  Vi aspettiamo numerosi per sostenere il nostro progetto di sport solidale e antirazzista!!
Per ulteriori informazioni e prenotazione:
Francesco 3299342066
Andrea 3403234126
(Vi preghiamo di far pervenire la vostra prenotazione entro giovedì 17 Marzo )

venerdì 25 febbraio 2011

La partita più difficile. I giocatori della ProPatria occupano lo stadio.

Come  in una fabbrica occupata con gli operai a difesa del posto di lavoro; la vertenza questa volta però si svolge in uno stadio e ha come protagonisti dei calciatori. Sono i giocatori della Pro Patria, squadra al secondo posto nel campionato di seconda divisione (la ex C2),che, dopo l’allenamento , hanno occupato lo stadio«Speroni», decisi a restare fino a quando qualcuno non darà loro uno stipendio e certezze per il futuro.
L’allenatore Raffaele Novelli guida il gruppo in campo e nella protesta. Ha già denunciato l’amministratore unico per appropriazione indebita, e si preoccupa di trovare da dormire a ragazzi ; “ infatti per alcuni di loro è un’occupazione simbolica – racconta -, mentre per altri si tratta davvero di trovare un posto dove andare a dormire”. Ci sono sei giocatori sfrattati da casa e otto lo saranno tra qualche giorno. Per i giocatori è sempre più dura; il mediano, un  brasiliano, è stato sfrattato e ora dorme nella casa  di un giornalista locale che segue e sostiene la squadra. Negli spogliatoi hanno posizionato una decina di brandine, con materassi, cuscini e coperte per la notte.
La società che dovrebbe pagare gli stipendi si è dileguata, e il Comune, proprietario dell’impianto, non riesce più a trovare una soluzione. Così gli atleti hanno deciso di fare tutto da soli. Prima di iniziare l’occupazione, i calciatori hanno preso in giro per lo stadio cartelli e striscioni con la scritta in  «in vendita».
Le partite, soprattutto le trasferte,  si giocano solo grazie alle collette spontanee di tifosi e non manca il sostegno della città. Le bende e le garze e il materiale tecnico  sono state portate dai club organizzati. Le maglie sono state lavate grazie a tre bidoni di detersivo regalati dalla lavanderia del quartiere.  Ma la cosa peggiore è la trasferta: per i soldi che vanno recuperati ogni volta,  per gli insulti dei tifosi avversari. Ai soliti  sputi e insulti ora si aggiungono il lancio in campo di  monetine al grido di  falliti e morti di fame.
Non ostante i risultati del campo, la squadra è seconda, e forse grazie anche a questo i giocatori hanno deciso di dare un senale a tutto il pianta calcio seguendo l’esempio di tanti che nel mondo stanno lottando per i propri diritti e contro la crisi.

domenica 20 febbraio 2011

Storie di ordinario masochismo della FIGC

Enis Nadarevic è nato a Bihac, in Bosnia Erzegovina, nel 1987. Come tanti ragazzini, si appassiona al calcio. Poi, nel 2005, si ricongiunge con i genitori in Italia. Per vivere fa il manovale nella ditta del padre, scappato dalla guerra nei Balcani nel 2002. Ma continua a coltivare la sua passione calcistica in campetti della provincia, riuscendo a mettersi in mostra per quella sua felice propensione al gol. Nella stagione 2009/10, con la Sanvitese – la squadra di San Vito al Tagliamento in provincia di Pordenone, che milita nel campionato di serie D (cioè tra i Dilettanti) – realizza ben 30 gol che gli permettono di vincere la classifica da capocannoniere.
A questo punto, arriva la richiesta del Varese, squadra neopromossa in serie B (cioè tra i Professionisti), che lo vorrebbe tra le sue fila. Ma c’è un ostacolo non da poco. Stando alle norme della FIGC, nessuno straniero extracomunitario può giocare nel campionato cadetto, se non per casi del tutto eccezionali. Così il trasferimento viene bloccato. Enis non ci sta e, ritenendosi discriminato in base a quanto previsto dagli articoli 43 e 44 del d.lgs 25 luglio 1998, n.286 (la famosa legge “Turco-Napolitano”), si rivolge ad un pool di avvocati e denuncia la FIGC, la quale risponde, come suo solito, impostando la difesa soprattutto su due linee argomenti: quanto accade nello sport deve essere sottoposto solo alla giustizia sportiva; le limitazioni nei confronti dei calciatori degli stranieri, sono motivate dalla necessità di “tutelare i vivai nazionali”. Già in passato questa linea difensiva si era mostrata assai debole.
Non soltanto la giustizia ordinaria può (e anzi deve) occuparsi anche di questioni del mondo sportivo, specie se c’è di mezzo una presunta discriminazione nei confronti di uno straniero, ma lo sbandieramento della “tutela dei vivai nazionali” per osteggiare il tesseramento di calciatori stranieri non ha alcun senso, soprattutto perché le delibere del CONI hanno chiarito ormai da diversi anni che la tutela dei vivai sportivi non vuol dire tutelare gli atleti italiani, ma tutti coloro che sono cresciuti sportivamente nei vivai calcistici italiani a prescindere dalla loro nazionalità (e questo è anche il caso di Enis). Tutelare i vivai vuol dire quindi tutelare tutti coloro che si formano nei vivai, a prescindere dalla cittadinanza. Pensare che invece voglia dire “tutelare i calciatori italiani” è un ragionamento discriminatorio, che troppo spesso si traduce in pratica discriminatoria. Il paradosso sta semmai nel riuscire a conciliare la norma che “tutela dei vivai” con le restrizioni previste per il tesseramento e nella concreta possibilità di schierare in campo calciatori “extracomunitari”, senza cadere nella discriminazione.
Di certo, nel caso di Enis la discriminazione sussiste. Così il 2 dicembre 2010, il Tribunale di Varese (sezione prima civile) emette la sua ordinanza, con la quale: “accerta e dichiara che la FIGC ha tenuto un comportamento discriminatorio (…) rifiutando di ammettere Enis al tesseramento per la stagione calcistica 2010/2011, e ordina alla FIGC di cessare immediatamente il comportamento con effetti discriminatori”. Qualche settimana dopo, Enis fa il suo esordito con la maglia de Varese.
Da questa vicenda, come da quella di Mehdì Kabine o di Rachid Arma, si ricava però anche un’amara constatazione. L’unica possibilità per convincere la FIGC a rivedere in maniera più realistica e meno discriminatoria tutta la normativa sul tesseramento (soprattutto il primo tesseramento) sembra essere “per via giudiziaria”. Nonostante le molte promesse, infatti, non sembra che ci sia la volontà da parte delle “gerarchie calcistiche” di prendere atto del cambiamento avvenuto nella nostra società, che è una società sempre più multietnica. Lo hanno fatto importanti federazioni, come quella di basket, di pallavolo, di atletica o di pugilato. La FIGC no.
A quando la prossima sentenza?

giovedì 10 febbraio 2011

La nazionale multietnica e le ragioni di Oliver Bierhoff

Dopo la disfatta calcistica della Nazionale ai Mondiali in Sudafrica, gli alti dirigenti della FIGC avevano dichiarato di voler porre riparo alla crisi conclamata del calcio italiano, rinnovando significativamente la Nazionale e, di conseguenza, anche i vivai. La panchina affidata a Prandelli è sembrata a molti un ottimo segnale. Anch’io ho salutato con favore questa nuova fase, soprattutto perché mi sembrava che, tra le varie novità, vi fosse la volontà di avvicinare
la realtà calcistica, rappresentata dalla Nazionale, alla realtà quotidiana, soprattutto per ciò che riguarda la sua componente “multietnica”.
In tale prospettiva, la convocazione di un giovane di seconda generazione, e peraltro anche nero, come Balotelli, e di un “nuovo italiano” come Ledesma è stata una positiva novità, ovviamente malvista e osteggiata dai razzisti (Klagenfurt docet). Tuttavia, per essere realmente la “rivoluzione” che il calcio italiano dovrebbe avere il coraggio di avviare, anche per ottenere migliori risultati sul campo, è indispensabile che all’apertura verso i cosiddetti “oriundi” o calciatori divenuti italiani per matrimonio o altro, coincida anche – e soprattutto – un’apertura verso i figli dei migranti, che ancora oggi trovano invece nella burocrazia a forte componente discriminatoria un ostacolo spesso insormontabile per avviare una carriera calcistica da professionista.
La recente convocazione in azzurro di Thiago Motta – italiano per via del nonno emigrato in Brasile da Polesella, provincia di Rovigo – ci permette di fare il punto su questa “rivoluzione” a guida Prandelli. Ed è un punto purtroppo non positivo. Nel senso che in questi mesi di “nuova gestione” della Nazionale non vi è stato alcun segno di una maggiore apertura al tesseramento dei figli dei migranti che (checché ne dica Pancalli), qualora tesserati, fanno pienamente parte dei vivai nazionali. Anzi. Sembra ormai assunto che in Italia l’unica possibilità per modificare un sistema arrugginito e discriminatorio, qual è quello del tesseramento dei figli dei migranti, è il ricorso alla via giudiziaria (come dimostra il recente caso Enis Nadarevic, nel quale la FIGC è stata portata ancora una volta in Tribunale, e ancora una volta è stata condannata per discriminazione razziale!). Ovviamente non è colpa di Prandelli, ma del “Sistema FIGC”.
Ma se la situazione rimane questa, e cioè se nei prossimi mesi si assisterà soltanto a esordi di altri “oriundi” o “nuovi italiani” a fronte di una chiusura nei confronti dei figli dei migranti, allora ha realmente ragione Bierhoff. Perché è vero che l’integrazione in Germania è diversa da quella che si ha in Italia, per il semplice motivo che, dopo tanta resistenza, da alcuni anni la Germania ha scelto di basare la concessione della cittadinanza alla nascita, non soltanto a chi ha almeno un genitore tedesco, ma anche a chiunque nasca sul suolo tedesco. E’ grazie a questa vera rivoluzione extracalcistica che si sono affermati calciatori come Ozil, o come Khedira (ai Mondiali in Sudafrica, ben 11 del 23 calciatori della Nazionale tedesca erano d’origine straniera).
Ciò non vuol dire che Ledesma e Thiago Motta non siano “degni” di giocare in Nazionale, perché, a differenza di quanto sostengono i nazionalrazzisti, è giusto che in Nazionale giochi chiunque abbia la cittadinanza italiana, a prescindere da come l’abbia acquisita (altrimenti si farebbe una pericolosa distinzione tra italiani “veri” e italiani di “serie B”).
Ma è evidente che fino a quando l’unica porta aperta è quella riservata agli oriundi, non sarà mai la “mia” Nazionale.